o anche: della via indiana al multiculturalismo.
In ogni paese in cui sono stato, la televisione è stato un mezzo per capire il posto. Più dei programmi di informazione, quelli di intrattenimento, e più ancora di questi ultimi, la pubblicità. La pubblicità parla delle persone e di quello che vogliono, indirizzandosi alle persone. Rivolgendosi per lo più alla massa, la televisione è un mezzo per sua natura conservatore, e la pubblicità in particolare - se vuoi vendere qualcosa a qualcuno, direi che è buona regola non offenderlo, quantomeno... la pubblicità si attiene scrupolosamente al mainstream, senza deviare.
Questo cappello iniziale per dire, insomma, che reputo una televendita o uno spot un mezzo altrettanto buono che un libro per annusare l'aria che tira in un paese. Quindi, ho trovato interessante che nelle pubblicità che mostrano folle o gruppi di gente, trovo sempre la stessa miscela di tipi: ragazzi, qualche donna, e un sikh con il suo turbante, magari un personaggio con la barba (cioè, un musulmano). Mi danno la stessa sensazione delle pubblicità statunitensi, fintamente casuali ma attentamente studiate per dare a tutte le comunità una rappresentanza e non far sentire nessuno escluso. Il sikh viene usato per rappresentare, oltre che ovviamente un target per il prodotto, "l'inclusività", il voler rappresentare "tutti". E tutti, include ogni comunità e ogni religione. Insomma: il sikh viene usato nelle rappresentazioni televisive indiane come i neri d'america in quelle statunitensi, per dare l'idea di una rappresentazione di tutte le comunità.
Per ragioni storiche, ma anche geografiche (l'India è troppo vasta per poter essere mai stata un tutto omogeneo), ho l'impressione che l'India dia per scontata la diversità, e la coesistenza di diverse comunità sullo stesso territorio; ma sopratutto, dia per scontato che ogni comunità faccia parte della nazione allo stesso modo. Non voglio fare qui una apologia, so che ci sono frizioni continue tra le comunità indiane, e matrimoni tra persone di religione diversa sono ancora una rarità. Però guardo la televisione indiana, e vedo la società italiana. E mi domando: quanto, realmente, siamo pronti a pensare di un musulmano/cinese/nero, anche nato qui, che è italiano? Quanto siamo pronti a pensare che magari il particolare musulmano/cinese/nero che abbiamo davanti è anche pigro, farabutto, stupido - ma perché è lui che è così, e non perché è musulmano/cinese/nero? Guardo la televisione indiana, e la risposta la so.
In ogni paese in cui sono stato, la televisione è stato un mezzo per capire il posto. Più dei programmi di informazione, quelli di intrattenimento, e più ancora di questi ultimi, la pubblicità. La pubblicità parla delle persone e di quello che vogliono, indirizzandosi alle persone. Rivolgendosi per lo più alla massa, la televisione è un mezzo per sua natura conservatore, e la pubblicità in particolare - se vuoi vendere qualcosa a qualcuno, direi che è buona regola non offenderlo, quantomeno... la pubblicità si attiene scrupolosamente al mainstream, senza deviare.
Questo cappello iniziale per dire, insomma, che reputo una televendita o uno spot un mezzo altrettanto buono che un libro per annusare l'aria che tira in un paese. Quindi, ho trovato interessante che nelle pubblicità che mostrano folle o gruppi di gente, trovo sempre la stessa miscela di tipi: ragazzi, qualche donna, e un sikh con il suo turbante, magari un personaggio con la barba (cioè, un musulmano). Mi danno la stessa sensazione delle pubblicità statunitensi, fintamente casuali ma attentamente studiate per dare a tutte le comunità una rappresentanza e non far sentire nessuno escluso. Il sikh viene usato per rappresentare, oltre che ovviamente un target per il prodotto, "l'inclusività", il voler rappresentare "tutti". E tutti, include ogni comunità e ogni religione. Insomma: il sikh viene usato nelle rappresentazioni televisive indiane come i neri d'america in quelle statunitensi, per dare l'idea di una rappresentazione di tutte le comunità.
Per ragioni storiche, ma anche geografiche (l'India è troppo vasta per poter essere mai stata un tutto omogeneo), ho l'impressione che l'India dia per scontata la diversità, e la coesistenza di diverse comunità sullo stesso territorio; ma sopratutto, dia per scontato che ogni comunità faccia parte della nazione allo stesso modo. Non voglio fare qui una apologia, so che ci sono frizioni continue tra le comunità indiane, e matrimoni tra persone di religione diversa sono ancora una rarità. Però guardo la televisione indiana, e vedo la società italiana. E mi domando: quanto, realmente, siamo pronti a pensare di un musulmano/cinese/nero, anche nato qui, che è italiano? Quanto siamo pronti a pensare che magari il particolare musulmano/cinese/nero che abbiamo davanti è anche pigro, farabutto, stupido - ma perché è lui che è così, e non perché è musulmano/cinese/nero? Guardo la televisione indiana, e la risposta la so.